CONTINUANO SUL NOTIZIARIO GLI INTERVENTI SCRITTI…
…che ci prepareranno all’incontro su “Biotestamento approvato dal parlamento: una eutanasia mascherata?”, che sarà tenuto lunedì 26 febbraio alle 19.30 dalla prof.ssa Giovanna Razzano. La dott.ssa Tina Comoretto, medico legale, bioeticista, membro della Pontificia Accademia per la vita non potrà più partecipare. Verrà invece il dottor Giuseppe Casale, medico oncologo, direttore generale e scientifico di Antea Onlus e membro della Commissione Ministeriale per l’applicazione della legge 38/2010 sulle cure palliative. L’intervento di questa domenica è dell’avv. Roberto de Miro d’Ajeta, nostro parrocchiano.

LA QUARESIMA CONTINUA

  • lunedì sera dalle 19.30 alle 20.30 con la prima lectio divina tenuta da don Paolo su Gv 6,59-70 “Guarire dalla solitudine” (per tutte le lectiones divinae prendere il pieghevole);
  • con l’adorazione eucaristica venerdì prossimo 23 febbraio dalle 9.30 alle 18 in cripta, per realizzare la quale occorre che almeno una persona si iscriva per una mezz’ora di adorazione sull’apposito cartellone;
  • con i due momenti di preghiera del venerdì, quello delle 13.30 in cripta (col digiuno) e quello delle 18.15 in chiesa con la Via Crucis, animati entrambi da don Gianni e dal gruppo dei catechisti dei bambini;
  • con il corso per i fidanzati che si preparano al matrimonio, che inizierà sabato 24 alle 17 (iscritte 10 coppie) e che impegnerà don Paolo, Pierluigi e Celestina.

ECCO UNA BELLA NOTIZIA CHE TUTTI DOVETE SAPERE
La guarigione nel 2008 di una religiosa francese di 69 anni affetta da una grave forma di invalidità, suor Bernadette Moriau, avvenuta dopo un pellegrinaggio al santuario di Lourdes, è stata riconosciuta come “miracolosa” oggi dal vescovo di Beauvais, nel nord della Francia. In 160 anni, si tratta del 70mo miracolo riconosciuto dalla Chiesa a Lourdes. Il precedente risale al 2013. Nata nel nord della Francia nel 1939, suor Bernadette Moriau cominciò a sentire dolori lombari nel 1966, quando aveva 27 anni. Nonostante 4 interventi chirurgici, non riusciva più a svolgere il suo lavoro di infermiera, né a camminare normalmente. Nel luglio 2008, la religiosa partecipò al pellegrinaggio a Lourdes dove ricevette il sacramento dei malati. Al suo ritorno, l’11 luglio 2008, riferisce il comunicato della diocesi, “sentì un’insolita sensazione di rilassamento e di calore in tutto il corpo” e “percepì come una voce interiore che le chiedeva di abbandonare tutti gli apparecchi, il busto e il tutore”. Suor Bernadette interruppe di colpo, il giorno stesso, tutte le cure. “Osservando che la guarigione fu improvvisa, istantanea, completa, duratura e inspiegabile allo stato attuale delle conoscenze scientifiche”, monsignor Jacques Benoit-Gonnin ha dichiarato “il carattere ‘prodigioso-miracoloso’ e il valore di ‘segno divino’ della guarigione, ottenuta per intercessione della vergine Maria”. Nuovi esami medici, perizie e tre riunioni collegiali a Lourdes hanno permesso all’Ufficio delle constatazioni mediche di affermare in modo collegiale il carattere “inesplicabile” della guarigione. Secondo la fede cattolica, a Lourdes la Vergine apparve nel 1858 alla pastorella Bernadette Soubirous. Il luogo diventò il primo luogo di pellegrinaggio cattolico al mondo, con 4 milioni di visitatori all’anno.


Domenica 25 febbraio, II Domenica di Quaresima:
L1: Genesi 22,1-2.9.10-13.15-18 | Salmo 115 | L2: Romani 8,31-34 | Vangelo: Marco 9,2-10



Roberto de Miro d’Ajeta, Docente di discipline giuridiche ed economiche, Avvocato presso le Giurisdizioni superiori


La legge 219 del 22 dicembre 2017 recentemente approvata dal Senato ed intitolata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” è stata oggetto di ampio ed acceso dibattito soprattutto sotto il profilo delle cosiddette DAT, sulle quali si sono registrate le opinioni più divergenti. La cultura dell’alleanza terapeutica affronta le problematiche in un’ottica e con obiettivi ben diversi dalla più diffusa considerazione oppositiva di tale relazione, nella quale ci si concentra sulla responsabilità medica e si considera l’operatore sanitario come controparte del paziente. Gli articoli di legge in esame, nella parte riguardante il consenso informato, purtroppo, evidentemente derivano dalla concezione oppositiva, o comunque si prestano a favorirla, anche nella terminologia utilizzata: si descrivono consensi e rifiuti, si tratta più di abbandono che di accudimento, si obbligano gli operatori a rispettare volontà anche al limite (dichiaratamente) della deontologia e della liceità, anziché tendere a tutelare le esigenze di cura…Anche nella parte di apparente tutela del paziente, viene descritto come dovere ciò che invece è un diritto. Ad esempio, all’art. 3 comma 1, si legge che la persona minore di età od incapace “deve” ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà…Per dare senso alla volontà del legislatore, dobbiamo presumere che il suo intento fosse di garantire un diritto all’informazione e non di prescrivere la somministrazione obbligatoria dell’informazione come argine alla somministrazione di cure non desiderate e, pertanto, la norma anziché descrivere un dovere del paziente, avrebbe dovuto prevedere che la persona abbia diritto a che le informazioni sulla sua condizione di salute e sulle eventuali opzioni di trattamento disponibili siano fornite in modo consono alle sue capacità di comprensione per essere messa nelle condizioni di esprimere la propria volontà…. Altre modifiche al testo di legge che avevo avuto modo di sottoporre in udienza presso la Commissione Sanità del Senato, avrebbero impostato la relazione medico/paziente in termini di alleanza terapeutica anziché come controparti di una relazione problematica, con lo scopo di favorire la comunicazione tra operatori e utenti dei servizi alla salute, per la personalizzazione delle cure e il migliore successo terapeutico; garantire l’accompagnamento del malato in tutte le fasi della malattia superando la concezione di minore valore della vita nella sua fase terminale o nella condizione di handicap denunciata da Papa Francesco come “cultura dello scarto”. L’occasione era importante, poiché per la prima volta il legislatore è intervenuto a regolare espressamente la materia del consenso informato, finora delineata da incerta giurisprudenza e dagli sforzi normativi dei codici deontologici…Al comma 2 dello stesso art. 1 della legge di cui trattiamo, si afferma che la relazione tra medico e paziente “si basa” sul consenso informato. Il consenso informato in questo modo diventa un vero e proprio patto o contratto che deve descrivere analiticamente e delimita il rapporto di cura, contenendo un elenco di obbligazioni al cui adempimento il terapeuta si dovrebbe attenere, come il progetto di ristrutturazione di un appartamento vincola l’appaltatore. Ne risulta umiliata la professionalità del sanitario e, soprattutto, viene circoscritto e limitato l’ambito di possibilità ed efficacia della cura stessa. Invece che sul consenso informato come contratto, il rapporto medico-paziente andrebbe basato sull’alleanza tra i medesimi, contro la sofferenza, valorizzando, anziché limitando, la relazione tra il malato e chi lo cura, come fondata da una parte sul riconoscimento del bisogno di cura e, dall’altra, sull’affidamento alla responsabilità dell’operatore sanitario…In realtà, il consenso informato come atto libero di autodeterminazione del paziente e regolazione negoziale della relazione di cura è una chimera: a meno che il paziente non sia un medico con specifica competenza, privo di legami ed indifferente al caso (quindi, in ipotesi inverosimile) il sanitario ed il paziente non potrebbero avere, se non per finzione, una volontà ugualmente libera: i termini “consenso” ed “informato” non possono, pertanto, avere il significato di “libera scelta” e “piena consapevolezza”. Il documento che raccoglie il “consenso informato” assume senso se documenta una relazione nella quale la persona dell’operatore sanitario ha incontrato la persona del malato e stabilito con essa un rapporto nel quale il malato s’affida alla cura, nella ragionevole consapevolezza, secondo le sue soggettive possibilità di comprensione, dello scopo e delle caratteristiche del percorso terapeutico, dei relativi rischi e della non automaticità dei risultati attesi…Le norme nello stesso articolo che favoriscono la indicazione di un fiduciario per prestare il consenso e le disposizioni per conto del malato, non sono vincolanti. L’idea che il corpo, la salute e la vita siano disponibili, però, è pericolosissima per il cittadino (oltre ad essere contraria al principio di indisponibilità della persona che è un cardine costituzionale dell’ordinamento). Infatti, per tutte le situazioni in cui il diretto interessato non sia in condizione di esprimere una volontà, l’ordinamento prevede una surrogazione o supplenza, da parte di un altro soggetto o di una autorità. Il cittadino autorizzato a rifiutare le cure può trasformarsi in una persona alla quale altri negano le cure, con la giustificazione di una presunta supplenza, che non può essere accertata, il che mi fa rabbrividire. Secondo un’impostazione personalistica, viceversa, il medico non cura la patologia, bensì cura la persona del malato, e tale intrusione nell’intimità è possibile e lecita se semplicemente la persona vuole stabilire il rapporto di terapia, anche se non vuole conoscerne tutti i dettagli. Il consenso non dovrebbe, quindi, essere configurato come un atto negoziale di disposizione, per non contraddire il principio di indisponibilità della persona umana in quanto soggetto di diritto nella sua corporeità, non trattabile come oggetto di disposizione. In questo principio di intangibilità, e non in quello irrealistico dell’autodeterminazione, risiede la vera garanzia della libertà ed inviolabilità della persona.


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