SITUAZIONE IN PIAZZA DELLA BALDUINA
Dopo il semi – disastro avvenuto a piazza della Balduina con l’apertura di una voragine abbiamo assistito, nel giro di 15 giorni, alla chiusura della buca e alla progressiva riapertura della viabilità nella piazza. La riapertura invece delle entrate in chiesa dalla piazza è stato frutto dell’insistenza di don Paolo presso un (gentilissimo) ingegnere del Comune che ha acconsentito verbalmente che si riaprisse, altrimenti ancora saremmo chiusi. Poi – sempre su insistenza del parroco – abbiamo riaperto anche il cancello di destra al quale era appoggiata una recinzione del Comune, che nessuno si curava di rimuovere. Ora l’Acea – dopo un sopralluogo già fatto – dovrebbe intervenire ma ancora nulla si vede. Il guaio infatti è stato provocato dalle condutture fognarie sotto la chiesa sebbene ci sia ancora una sorta di “contenzioso” a distanza sulla responsabilità del mal funzionamento di tali fognature. Un avvocato che cura gli interessi della parrocchia ha parlato con un tecnico dell’Acea. Poi più nulla. Questo si scrive perché tutti sappiano il motivo per il quale – anche se non sembra – tutto è ancora fermo.

BANCARELLA MISSIONARIA: STOP ALLA RACCOLTA DI OGGETTI
Grazie a tutti! Dopo l’appello fatto per due domeniche possiamo ora chiedere a tutti di non portare più oggetti per la bancarella missionaria! Evidentemente l’appello è servito! Grazie!

STEMMI SULLA FACCIATA DELLA CHIESA
Ogni parrocchia, che sia sede cardinalizia, ovvero sia stata – come la nostra – assegnata a un cardinale dopo la sua nomina cardinalizia (i cardinali sono ancora i “cardines” del governo papale, come lo erano anticamente i preti di Roma), deve esporre sia lo stemma papale che quello del cardinale assegnato. Dopo tanto tempo finalmente anche noi lo abbiamo fatto davanti al portone principale della chiesa. Lo stemma di papa Francesco (posto a destra) oltre alle tradizionali due chiavi del regno di Dio e alla mitria papale riporta al centro l’immagine del sole (l’Eucarestia) e la scritta IHS che significa Iesus Hominum Salvator. La stella a otto punte e il fiore nardo sono simbolo la prima della Vergine Maria e il secondo di san Giuseppe. La scritta è: miserando atque eligendo (che significa: nell’aver misericordia di lui e nello sceglierlo). Si riferisce alla chiamata di Matteo Levi, commentata da queste parole che usò san Beda il Venerabile. Lo stemma del cardinale Jesus Nicolas Lopez Rodriguez, arcivescovo emerito di santo Domingo e nostro titolare (a sinistra) presenta al centro la M di Maria, con una rosa in mezzo (indicazione della preghiera del Rosario), la colomba in alto a sinistra (simbolo dello Spirito Santo) e a destra due leoni che tengono una chiave (simbolo della protezione del Signore nell’esercizio dell’autorità di vescovo). La scritta è fortes in fide. Al posto della mitria c’è il cappello cardinalizio.


Domenica 27 novembre, I Domenica di Avvento:
L1: Isaia 2,1-5 | Salmo 121 | L2: Romani 13,11-14 | Vangelo: Matteo 24,37-44



CONSIDERAZIONI BREVI SUL SACRAMENTO DELL’EUCARESTIA (3)

Il concilio di Trento (che nel secolo XVI riformò la Chiesa dopo il vento gelido della riforma protestante) ci ha lasciato anche un’altra bellissima verità, ovvero “il carattere sacrificale del sacramento dell’Eucarestia”. Il compendio del Catechismo cattolico ce lo dice chiaramente al numero 280. Si tratta dell’Eucarestia come “memoriale” (non come “memoria”, termine simile ma non uguale dunque diverso). Vuol dire che ogni volta che celebriamo la Messa dall’inizio alla fine noi rendiamo presente a tutti il sacrificio di Cristo sulla croce. Per cui sacrificio eucaristico (ecco perché si chiama “sacrificio”) e sacrificio della croce sono lo stesso sacrificio. Dire che la Messa è un “sacrificio” non vuol dire che è una penitenza, specie sopportando pazientemente il prete molesto che la celebra e pregando che il tempo passi presto (cosa sempre lecita!). Vuol dire che il modo migliore per capire e per ricordare che Gesù è realmente morto sulla croce e che possiamo sentirlo presente crocifisso e risorto è mangiare il suo pane e bere il suo sangue. Sono le parole stesse che il prete pronuncia. “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”. “Questo è il calice del mio sangue, versato per voi”. E, inoltre, poiché non esiste (perché storicamente non è esistita) morte del Signore senza la sua resurrezione, noi – subito dopo la consacrazione – diciamo “Annunciamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua resurrezione”. E, per entrare ancor più nella verità che quel corpo sacramentale è anticipazione del corpo fisico della cui presenza godremo in cielo, aggiungiamo: “Nell’attesa della tua venuta”. Questa forte certezza aggiunge, al rispetto per le specie eucaristiche, la necessità che il cristiano non perda la Messa, non se ne allontani mai troppo. Se dal sacrificio eucaristico un involucro di salvezza, una specie di impermeabile che ripara, viene gettato su ogni credente, come si può pensare che partecipare o no alla Messa sia un optional? E come si può ancor più aggiungere che una preghiera fatta da soli, a casa, in chiesa il giorno dopo o ovunque si voglia, possa valere quanto vale la partecipazione alla Messa e l’accostarsi alla Comunione? Nel mondo protestante tutto questo è inesistente. Semplicemente perché è stato cancellato, dopo 15 secoli di fede ininterrotta, da una teologia (quella protestante) che oltretutto si basa – come dice di basarsi – sulla Sacra Scrittura. Come può una teologia fondata sul rispetto assoluto della Bibbia negare queste cose, che si deducono chiaramente dalla Bibbia? Più oggettivamente grave (e fonte di difficoltà nel dialogo) è che i protestanti non hanno un’unica teologia, ovvero una teologia che sintetizzi la loro tradizione o che esprima un loro insegnamento magisteriale. Le chiese protestanti sono tantissime e non hanno al loro interno alcuna unità tra di loro. Nel 1991 lo storico americano Martin Marty scriveva che nel mondo esistono ben 21104 diverse denominazioni che si richiamano al mondo dei protestanti e che tale “parto continuo” di nuove denominazioni provocava l’accrescersi di chiese in ragione di cinque alla settimana. La faccenda è seria ed è visibilissima se solo si prende in mano un documento di una delle tante chiese protestanti. Alle grandi denominazioni, che hanno mantenuto una certa fedeltà alla storia del protestantesimo (come la luterana, la calvinista, la valdese, l’anglicana) si aggiungono – come appena detto – tante di quelle denominazioni da rendere impossibile capire cosa pensino i protestanti, per esempio, dell’Eucarestia. E questo perché la libertà di leggere e interpretare la Scrittura, affermata da Lutero, ha portato a simili conseguenze. Alcune chiese della riforma celebrano la liturgia domenicale solo con la Parola di Dio e la predica del pastore. Altre la celebrano invece con una sorta di benedizione sul pane (che non ha mai la forma dell’ostia) e poi distribuiscono tale pane, semplicemente come ricordo di quel che è avvenuto (ecco perché i libri di scuola lo chiamano – ignorantemente – il sacramento della cena). È come se io organizzassi a casa mia una cena per ricordare il mio matrimonio o la morte di mia moglie o il giorno della mia pensione. Non parliamo poi del “carattere di sacrificio” dell’Eucarestia. Una volta intercettai uno scritto di un’attivista protestante scozzese, terribilmente aggressivo verso il cattolicesimo e pieno di inesattezze sulla teologia cattolica e, in particolare, sulla questione eucaristica. Muovendo dal versetto di san Pietro che dice “Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati” (I Pt 3,18), l’autrice non riusciva a capire una cosa elementare, ovvero che nessun cattolico crede che Gesù muoia cinquantamila volte al giorno, cioè ogni volta che si celebra una Messa dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno. La teologia cattolica è fine, talora complessa ma spiegabilissima. Basta saperla spiegare e basta volerla intendere. Mentre il mondo cristiano ortodosso crede in queste verità e le esprime con una teologia diversa, ma simile e soprattutto le vive con grande devozione (basti pensare che gli altari degli ortodossi sono coperti da una parete di icone, che si chiama iconostasi, che separa la vista della parte sacra della chiesa, chiamata “cielo” dalla parte ove stanno i fedeli, chiamata “terra”), il mondo protestante non ha né il sacerdozio né l’Eucarestia. Non ha il sacerdozio consacrato, ovvero ognuno è sacerdote in virtù del Battesimo (questo sì, identico a quello cattolico), nel senso che ognuno offre se stesso e la propria vita per la salvezza propria e del mondo. Questo, però, lo credono anche i cattolici. La teologia cattolica afferma che ogni battezzato ha il sacerdozio universale dei fedeli e lo ha grazie al primo sacramento, il Battesimo. Su cosa si basa d’altronde l’attività dei laici cattolici se non sulla certezza che ogni battezzato è sacerdote e come tale è chiamato a donare se stesso? Ma la mancanza del sacerdote consacrato e celibe rende difficile anche solo celebrare un culto comune con i protestanti, che non sia basato soltanto sulla lettura della Parola di Dio, che costituisce la prima parte della Messa dei cattolici. Quando mi si chiede “perché i preti protestanti si sposano e tu no?”, rispondo che è come chiedere “perché il gatto miagola e il cane no?”. Il gatto non è un cane, il prete protestante non è un prete (mi si passi la poca opportunità del paragone). I pastori (o le donne pastore) sono persone scelte dall’autorità protestante o dal consiglio della comunità per guidare la preghiera, commentare la Parola ed essere vicini al popolo come responsabili di una comunità. Ho conosciuto pastori e pastore protestanti davvero in gamba e profondamente preparati. Ma non sono sacerdoti né sacerdotesse, secondo il significato che dal Vangelo, passando per la tradizione, si attribuisce a tale ruolo. Le chiese protestanti sono spesso grandi aule, ove risalta più il significato sociale dell’incontro domenicale che quello sacro, come è invece in quelle cattoliche e in quelle ortodosse. Sono prive di immagini e di tabernacolo. Tutto questo lo si dice solo per fare chiarezza. La prima chiarezza della fede è proprio non dire: siamo tutti uguali. Non siamo tutti uguali! Bisogna conoscere bene le differenze, per rispettarci nelle diversità.

                                               Don Paolo Tammi           p.tammi@tiscali.it                                         Continua……


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